NOTIZIE LOCALI

Cronaca Arriva la sentenza dopo cinque anni di battaglia tra periti di parte

Ucciso nella battuta al cinghiale. Condannato l'amico cacciatore

CINQUE ANNI di indagini, sopralluoghi, perizie, battaglie in tribunale tra esperti (come il generale Luciano Garofano). Fino all'udienza di ieri in tribunale ad Arezzo. Quando il giudice ha condannato a un anno e dieci mesi (pena sospesa) il quarantasettenne R.F., ritenuto responsabile della morte di Amintore Milanini, il funzionario del Comune di Caprese che nel dicembre del 2009, quando aveva 53 anni, fu ucciso durante una battuta di caccia al cinghiale. Il processo civile sta andando avanti ormai da tempo mentre quello penale, come detto, ha raggiunto la sua conclusione molto attesa dai parenti dell'uomo di Caprese Michelangelo, sposato con tre figli, che cinque anni fa morì sul colpo dopo essere stato raggiunto dal colpo che il giudice ha stabilito essere quello proveniente dal fucile R.F., che ha residenza a Caprese anche se vive e lavora a Roma. Una vicenda caratterizzata dalla lunga fase di indagine preliminare derivata proprio dopo la tragica battuta di caccia al cinghiale, con i due che facevano parte della stessa squadra. Il quarantasettenne accusato di aver ucciso il compagno ha sempre negato la sua responsabilità, sostenendo che il colpo fatale poteva essere partito da altri cacciatori presenti in quel momento nella zona; le perizie come ha sottolineato l'avvocato di parte civile Alessandra Cacioli nel tempo hanno escluso che il colpo potesse essere partito per mano di altri soggetti. Dopo il rinvio a giudizio, il quarantasettenne ha chiesto il rito abbreviato e il rinnovo della perizia al giudice Piergiorgio Ponticelli. Numerose le udienze che sono seguite, con i periti della Procura che hanno concordato con quelli di parte civile, mentre un battagliero generale Garofano ha più volte sostenuto il contrario, vale a dire che il colpo non poteva essere partito da R.F.. E COMUNQUE ieri in tribunale il giudice nel primo grado di giudizio ha emesso la sentenza di condanna a un anno e dieci mesi (pena sospesa) nei confronti del cacciatore difeso dall'avvocato fiorentino Eraldo Stefani non applicando le attenuanti generiche e prevedendo la riduzione solo per il rito abbreviato. I due facevano parte della stessa squadra della vittima, la Capresana Selvaggina. Durante l'udienza dove era stato interrogato, l'imputato aveva ripercorso le tappe di quella mattinata in località «La Parleta», nella zona dell'eremo della Casella, dove accadde il drammatico evento. Come dicevamo la fase istruttoria del processo in sede penale è stata caratterizzata dalla divergenza fra le tesi del collegio tecnico difensivo composto dal generale Luciano Garofano, dal colonnello Giovanni Lombardi e dal dottor Enrico Risso e i consulenti di parte civile, oltre a quelli del giudice e del pm. Milanini quella mattina non aveva il compito di sparare, ma di occuparsi della gestione dei cani; a parere della difesa, il 47enne aveva sparato nel pieno rispetto delle regole stabilite per questo tipo di caccia, mentre per la controparte il rispetto delle regole sarebbero state tutte da provare e le conclusioni del collegio tecnico difensivo prive di validità scientifica. Fabrizio Paladino

Notizie tratte da "La nazione"

 

Inserita il : 12-12-2014 da wineuropa

Invia il tuo commento

Che Tempo Fara'