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Cronaca Sottratto a stento alla gente. Il babbo scopre il lenzuolo e prende la bimba in braccio

Mamma e figlia falciate dall'ubriaco. L'ira della folla, il malore del padre

di ALBERTO PIERINI 
HANNO TENTATO di rianimarla per quasi 50 minuti. Cinquanta minuti durante i quali la gente intorno tratteneva il fiato o urlava tutta la sua rabbia contro chi l'aveva investita. Lei, la piccola Letizia, un fisico mingherlino, due occhi grandi, il sorriso fragile di chi si sta appena affacciando nella vita. Travolta e uccisa nel buio della periferia di San Leo, una frazione dalle case basse, perfino elegante ma che troppo spesso le strade colorano di morte.
Letizia Fiacchini è morta lì, proprio all'ingresso del paese: colpita da quella minicar blu, guidata non si sa come da un signore di 40 anni arrestato durante la serata. Arrestato davanti ad un dato incontrovertibile: era ubriaco al volante. Ubriaco secondo la legge, che fissa il parametro allo 0,5: e che lui, almeno in base alle prime ricostruzioni, superava addirittura del triplo. Lui, al volante di una macchina per la quale non è necessaria la patente. E che ha travolto Letizia e la mamma in un colpo solo. La mamma Mazanna Barbara Stepien, 51 anni, di origini polacche. I soccorritori avevano avuto la speranza concreta di salvare almeno lei. L'hanno portata in ambulanza fino all'ospedale, dove il Pegaso l'ha aspettata a lungo con il motore acceso.
E' morta poco prima di essere caricata a bordo per quello che avrebbe potuto essere il volo della speranza. Una speranza tradita. Una seconda tegola terribile per il babbo di Letizia, Luca, che alla notizia si è lanciato in quella strada di morte. Lì dove ha perso in un colpo solo la figlioletta che adorava e la moglie.
«E' LA MIA BAMBINA»: quel grido taglia da parte a parte la notte di San Leo. La gente ha perso il viso dell'investitore, portato prudentemente via dalla strada: nel timore, esplicito, che qualcuno potesse andare oltre, che la rabbia potesse tracimare, diventare una pietra o un gesto violento. E al suo posto mette a fuoco il volto di un padre. Che non si arrende, non può arrendersi al colpo di spugna che cala, ingiusto, su una vita. E per questo si getta in strada, verso quel povero corpo coperto da un lenzuolo bianco. «E' la mia bambina» grida: la forza del dolore a volte è più forte di tutto. Intorno a lui si stringono vigili del fuoco, vigili urbani, infermieri, medici perfino. Per bloccarlo, per impedirgli di andare oltre. Riesce a vincere tutte quelle mani, solleva il lenzuolo.
La gente dai marciapiedi si ritrae inorridita, per un attimo il viso di Letizia, trasfigurato dalle conseguenze dell'incidente, riappare sotto i lampioni dalla luce un po' rarefatta della notte di San Leo. Prova a prenderla in braccio, a stringerla, ti riaffiorano altre immagini, altri volti ma capisci che qui non sei davanti ad un romanzo: questa è la vita, questa purtroppo è la morte.
Luca crolla in terra, piegato da un malore. I soccorritori gli si stringono intorno per portarlo in ospedale. Sul viso di Letizia torna a calare quel lenzuolo. Mentre la gente intorno scuote la testa. Sconvolta. Sconfitta.
notizie tratte da La Nazione www.lanazione.it

Inserita il : 01-02-2016 da wineuropa

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