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Altre di Cronaca In tv ribadisce: sono innocente. In tanti vanno a visitarlo in convento

Padre Graziano lancia l'appello. Qualcuno sa, si faccia avanti

di SERGIO ROSSI  
«CHI SA, parli». Si lascia intervistare per la prima volta padre Graziano dopo la condanna a 27 anni di carcere emessa il 24 ottobre scorso dalla corte di assise. Lo fa ai microfoni di Pomeriggio 5 nel convento romano dell'ordine premostratense dove si trova agli arresti domiciliari con tanto di braccialetto elettronico. Il frate reclama ancora una volta la sua innocenza, ma soprattutto lancia una sorta di appello rivolto alla gente di Ca' Raffaello, «sono sicuro - dice - che qualcuno in paese sa qualcosa, a Ca' Raffaello ma sono convinto anche a Santa Sofia». L'invito non esplicitato è comunque conseguente: chi conosce la verità si faccia avanti».
E' questa la parte più rilevante dell'intervista nella quale il religioso congolese ribadisce i concetti più volte espressi anche in passato. «Non ho sequestrato Guerrina - sostiene - né tantomeno l'ho ammazzata. Non se è viva o se è morta e in questo caso non so dove sia il suo corpo». Nessuna relazione particolare con la cinquantenne casalinga, «avevamo un rapporto normale, una parrocchiana con il suo parroco». Si riferisce a Lorenzo, il figlio di Guerrina, «so che è la persona più triste e prego per lui, ma non ho portato via nessuno e non posso far tornare la sua mamma. So che sono innocente e anche Mirco e la sua famiglia lo sanno».
QUANTO alla clamorosa beffa del giorno successivo alla condanna, Graziano si mostra amareggiato: «Ho sentito quella voce, ero sicuro che fosse il Papa. Mi condannano e il giorno dopo mi fanno uno scherzo del genere».
Non perde però la speranza per il futuro, «ho fiducia nella giustizia». E racconta: «All'indomani della sentenza sono andato dal mio superiore, gli ho detto che ero innocente e che sono stato condannato dalla giustizia degli uomini. Io credo nella giustizia di Dio e difendo la giustizia degli uomini ma gli uomini a volte possono sbagliare». Tante le visite che riceve in convento: «Mi vengono a trovare e si stupiscono di vedermi così sereno, ma io so bene di non aver fatto nulla».
INTANTO gli avvocati della difesa, Rizziero Angeletti e Francsco Zacheo, sono probnti a presentare il ricorso in appello. «Naturalmente aspettiamo - dice Angeletti - le motivazioni della sentenza dell'assise, l'auspicio è che arrivino nei novanta giorni di tempo indicati ma in ogni caso dovremo attendere almeno fino a gennaio. Quando le avremo in mano e dopo averle studiate, partirà subito il ricorso». Continuerà dunque a far parlare questo caso che ha vissuto fino a questo momento solo il suo primo capitolo giudiziario, ovvero la condanna della corte d'assise che ha accolto in pieno le richieste del pubblico ministero Marco Dioni.
notizie tratte da La Nazione www.lanazione.it

Inserita il : 12-11-2016 da wineuropa

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